Voi mi chiedete che cos’è la poesia, ma io non ho la più pallida idea di cosa essa sia.
Noi poeti scriviamo versi per decifrare un mistero che è contenuto in
quegli stessi versi, e questo ritornare al problema partendo dal
problema non ne consentirà mai la soluzione.
Ecco perché non ha
senso chiedere a un qualsiasi poeta: “Cos’è per lei la poesia?”. Se uno
avesse la risposta a una simile domanda farebbe chiarezza su un mistero
che è indispensabile alla poesia stessa, causandone, di riflesso, la
fine.
Altrettanto non ha senso chiedere a un qualsivoglia poeta:
“Perché lei scrive poesie?”, poiché se c’è una cosa che al poeta manca
quella è la consapevolezza della sua missione. Il poeta, infatti, non
scrive, semmai “trascrive” parole sparse un po’ ovunque che chiedono
solo di poter attraversare il suo corpo per arrivare a migliaia di altri
corpi.
Quando pensate alla poesia, in sostanza, non fate e non
fatevi troppe domande. Abbiate per essa la stessa cura che dovreste
avere nell’arte della masticazione: lenta, meditata, ritmata.
Oggi nasco per l'ennesima volta; dal nulla di un verso che non c'era, nasco.Accetto che questa sia la mia vita: una questione di rinascita in versi. Oppure, l'inverso del nulla, che è la Poesia stessa.
venerdì 15 novembre 2013
venerdì 8 novembre 2013
Non svelare a nessuno il mio segreto
Non svelare a nessuno il mio segreto
Se scostando il velo mi attraversò la luce
e le mani presero a tremarmi
non fu per onestà verso la grazia
che avevi nello scendere le scale
Fu un lento ricongiungersi al mattino
con in bocca il sapore di un tuo bacio
Se scostando il velo mi attraversò la luce
non poteva che trattarsi di un mistero
Se scostando il velo mi attraversò la luce
e le mani presero a tremarmi
non fu per onestà verso la grazia
che avevi nello scendere le scale
Fu un lento ricongiungersi al mattino
con in bocca il sapore di un tuo bacio
Se scostando il velo mi attraversò la luce
non poteva che trattarsi di un mistero
martedì 1 ottobre 2013
Arriva un giorno
Arriva un giorno in cui
devi rinunciare al mare
Diventi autunnale, ecco
Non è soltanto una questione climatica, ambientale, stagionale
È più di tutto
una faccenda logistica
o se preferisci di manipolazione
L'edicola sarà sempre la stessa
ben inteso
Il senso di marcia all'interno della rotonda
non subirà variazioni
Quasi tutti i telecomandi
avranno le medesime funzioni
così come le chiese
e i matematici
Ma non sarà più estate
nemmeno nei tuoi dolenti racconti
Non affannarti in quelli
Arriva un giorno
devi rinunciare al mare
Diventi autunnale, ecco
Non è soltanto una questione climatica, ambientale, stagionale
È più di tutto
una faccenda logistica
o se preferisci di manipolazione
L'edicola sarà sempre la stessa
ben inteso
Il senso di marcia all'interno della rotonda
non subirà variazioni
Quasi tutti i telecomandi
avranno le medesime funzioni
così come le chiese
e i matematici
Ma non sarà più estate
nemmeno nei tuoi dolenti racconti
Non affannarti in quelli
Arriva un giorno
venerdì 2 agosto 2013
La tua voce
Dimmi, cosa
siamo?
Siamo poco
più di un intarsio nel legno?
E ancora,
dimmi
a chi giova
l’amore
agli
scrittori, soltanto?
Sono così
disperato, credimi
ho delle
fitte strane
in posti che
non saprei
Ho sempre
saputo tanto poco del mio corpo
e invece,
adesso
vorrei
potergli parlare
da uomo a
corpo
senza
erubescenza
Ma il mio
corpo non parla
mi dà solo
queste pene misteriose
Dimmi,
parlami
parlami
come fosse il caso a parlare
Dimmi, cosa
siamo?
Sono la mia
voce, forse?
E se non
avessi voce, dunque
io non
sarei?
Parlami,
dimmi
oggi vorrei
starmene sdraiato
con tutto il
corpo dolorante
a sentire la
tua voce
e basta
martedì 23 luglio 2013
Quanto tempo è passato prima che tu non arrivassi
Desideravo
rivederti
L’ultima
volta (quanto tempo è passato?)
mi facesti
promettere che sarei tornato
Anche il
posto ti preoccupasti
di
raccomandarmi
(l’hai
sempre avuta questa fisima per i luoghi)
Sono
arrivato, com’era giusto che fosse
all’ora
convenuta
Per scrupolo
ho scelto la strada più accidentata
essendo pure
la più breve
Ti lascio
immaginare la fatica
Desideravo
rivederti
e ripassavo,
nell’attesa
le parole
che avrei voluto dirti
scalciando,
di tanto in tanto
piccoli
sassi diseguali
e
accarezzando i ciuffi delle piante
Oh, avresti
dovuto vedermi!
Sembravo uno
di quegli attori
che si
meritano l’applauso in piedi della gente
Quanto tempo
è passato
prima che tu
non arrivassi
Se solo
avessi potuto sentirmi
sono certo
non saresti mancata
al nostro
appuntamento
Se soltanto
avessi potuto misurare
il mio desiderio
averne
l’esatta percezione
la dimensione,
il peso, la frequenza
di certo
saresti arrivata
nel posto e
all’ora convenuti
Immagino sia
tardi, ormai
e me ne
faccio una ragione
Ogni tanto
canto e mi batto le mani
sistemo i
miei utensili
giro il
guanciale
controllo
l’orologio appeso alla parete
Quanto tempo
è passato
prima che tu
non arrivassi
mercoledì 17 luglio 2013
venerdì 7 giugno 2013
Sezione Narrativa edita 1° Premio Bartolomeo Smaldone "Se i tuoi occhi un giorno" (Gelsorosso ed.)
Motivazione:
Questo romanzo di Bartolomeo
Smaldone colpisce per almeno due motivi:
- per il contenuto davvero
inusuale, con cui -se così si può dire- l’Autore vuol rendere giustizia e
restituire dignità all’omosessualità e alla pazzia: due condizioni umane deprecate, o guardate almeno
con sospetto, spesso calpestate, ma sempre censurate e rimosse;
- per la struttura complessa, che
inanella al suo interno piani temporali, piani narrativi, vicende, personaggi
che trovano puntualmente e brillantemente la giusta collocazione, assumendo
pienezza di significato ed esaustività nell’alto messaggio di cui Bartolomeo
Smaldone vuol farsi latore.
La narrazione prende avvio da un
romanzo ‘trafugato’, da un io narrante che confessa all’inizio il progetto
folle di sostituirsi a chi aveva scritto quelle pagine, nella recondita
speranza di una possibile celebrità usurpata con la pubblicazione di quel
libro.
A partire da questo momento
narrativo, si aprono i piani diversificati della narrazione e cominciano a
sciorinarsi rimandi interni abilmente strutturati.
Su un PRIMO PIANO DELLA LETTURA,
la lettura che l’io narrante fa del romanzo trafugato, è la
storia di Lia, una giovane donna che, a sua volta trovando delle lettere
in un vecchio secretaire, scopre
l’omosessualità di sua madre. Si apre così un SECONDO PIANO DELLA LETTURA:
quello in cui è Lia che legge le lettere scambiate tra sua madre Ambra e la sua
compagna Fara; un secondo piano di lettura in cui campeggia la storia d’amore
tra Ambra e Fara adolescenti, compromessa dall’invidia, dalla grettezza e dal
perbenismo ipocrita di un ambiente piccolo borghese che, completamente risolto
nella miseria della povera dialettica “vizi privati e pubbliche virtù”, è
completamente incapace di comprendere la purezza di un sentimento la cui unica
colpa è nel porsi al di fuori
dall’ipocrisia delle convenzioni. Un
amore forte di per sé, ma fragile a fronte della cultura dominante, radicata ed
egemone e quindi capace di soffocare e vanificare senza alcuna umana pietas
chi non rientra negli schemi da essa imposti.
Questo secondo piano di lettura si interrompe con Lia
che decide di andare alla ricerca, dopo
tanti anni, di Fara “per rendere giustizia a quelle due ragazze del 1964, a quel loro amore
nato nel posto e nel tempo sbagliato.”
Si
torna così al piano di partenza, il PIANO DELLA REALTÀ, con la crisi di
coscienza dell’io narrante, che a sua volta decide di andare alla ricerca
dell’autrice del testo trafugato. A questo punto, inaspettatamente, la
narrazione si apre a un universo troppo spesso inesplorato, incompreso e
rimosso: la pazzia. Consequenziale risulta quindi, nella parte finale del
romanzo, la riflessione che l’autore
offre sulla realtà della malattia
mentale e sul messaggio rivoluzionario del grande Basaglia.
La somma di tutte queste esperienze porta infine l’io narrante a una profonda riflessione su
se stesso, che si traduce in una vera e
propria ‘rinascita’ interiore e morale.
Uno stile disteso, fluente, tanto più pregevole in una
sorta di congenita ‘solarità’ che vale a
sottolineare in modo molto profondo ed efficace la complessità delle
problematiche presenti nell’intreccio.
mercoledì 22 maggio 2013
La baia di san Vito
Scendemmo alla baia di San Vito
come due sposi
Il tuo vestito chiaro era solenne
il mio improvvisato e mal composto
Ricordi quanto caldo e quanti uccelli
si misero d'intorno al nostro altare?
La mano mi tremava, la tua era ferma
“Se m'ami, dillo adesso
davanti a questi ignari pescatori”
“T'amo”, dicesti
la eco di un risveglio passionale
I pesci erano ovunque
dovunque si vedevano i bagliori della luna
Il tuo vestito chiaro era solenne
il mio improvvisato e mal composto
Ricordi quanto caldo e quanti uccelli
si misero d'intorno al nostro altare?
La mano mi tremava, la tua era ferma
“Se m'ami, dillo adesso
davanti a questi ignari pescatori”
“T'amo”, dicesti
la eco di un risveglio passionale
I pesci erano ovunque
dovunque si vedevano i bagliori della luna
mercoledì 15 maggio 2013
COMUNICATO STAMPA
“Se i tuoi occhi un giorno” è risultato 1° classificato nella XV edizione del Premio Letterario Internazionale Mondolibro.
Ulteriori notizie sono reperibili all'indirizzo www.mondolibro.org
Ulteriori notizie sono reperibili all'indirizzo www.mondolibro.org
lunedì 18 marzo 2013
Appunti
Succede che sorrida una stella, e che nessuno dal basso la veda.
La luce accesa, al piano di sopra, non illumina né riscalda. Portami il giornale, domattina, prima che sia l'alba. Vorrei leggere ancora di noi.
Bartolomeo Smaldone
La luce accesa, al piano di sopra, non illumina né riscalda. Portami il giornale, domattina, prima che sia l'alba. Vorrei leggere ancora di noi.
Bartolomeo Smaldone
venerdì 15 marzo 2013
Come un timbro vocale
Sulla collina c'erano i segni di una giovinezza
imperitura
perché la giovinezza non sarebbe mai passata
Ognuno aveva la sua
come un segno distintivo
come un timbro vocale
più spesso come un vuoto incolmato
Sulla collina c'erano i ruderi di una ricostruzione
di una rivalsa
e semi di propositi
e parole insignficanti
oppure così cerimoniose
così definitive
C'eravamo noi sulla collina
perché dall'alto, le cose
avevano un'altra prospettiva
un altro distacco
Noi eravamo gli alberi su quella collina
e gli uomini, di sotto, erano le nostre vite
Fu così che i sogni sopravvissero
dall'alto della loro ambizione
Bartolomeo Smaldone
venerdì 1 febbraio 2013
Appunti
“Sei imbrigliato nei tuoi versi”, mi sono sentito dire. E come darle
torto: fondamentalmente è così. La vita esteriore è quasi sempre un pretesto,
un’occasione di contatto. Prendi, suggi, fa’ quello che devi fare e dopo va’. Torna
nel tuo mondo fatto di trasformazioni. Scrivi. È da sempre la cosa che sai fare
meglio. Falla! Ad alcuni le tue parole piaceranno. Altri le detesteranno, le
troveranno insopportabili, indigeste, nefaste. Epicedio. Epinicio. Cosa diamine
vorranno mai dire! Sei imbrigliato nei tuoi versi, è vero. Ma chi non è
imbrigliato in una qualche misura in qualcosa? La signora con la passione per
l’oriente non ha perso l’abitudine di portare a spasso il suo maltese,
costringendolo a indossare quegli assurdi abiti per cani. Entrambi sono costretti
ad una forma di schiavitù. Per il cane è evidente, per la signora è un’ ipotesi.
Forse è imbrigliata al suo amore per un uomo che non la ama, e anche lei è
schiava di qualcosa.
Come vedi, mia cara, tutto il mondo, grossomodo, è soggetto a una
forma di costrizione. Sopravvivrai. Sopravvivremo.
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