Meridionale

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Reading durante il concerto di Fabrizio Emigli alla Domus Talenti, Roma, 10 marzo 2011

giovedì 29 aprile 2010

Staedtler numero 2


Qualche volta è vero quello che dicono
lasciarsi alle spalle la primavera
ha un odore di soffitta
Ma non mi sento di peccare
non ho nemmeno un sacramento
e non mi sento sporco
Da piccolo usavo bene la mia staedtler 2
facevo di quei segni che nessuno capiva
dicevano “astrattismo” per dire “è un tipo strano”
mi invitavano a passare ai numeri
che era roba da uomo
Quando lo vidi, invece, mi innamorai delle terzine
e per lui accettai l’esilio
la fatica di camminare, il ludibrio
gli occhi sempre addosso a guardarci il culo
“Pure il figlio di Pasquale,
quello che fa il mercato in piazza d’armi,
si muove strano e parla strano”
Io non mi sento sporco
mi è oscuro l’amore quanto lo è ad ognuno
nello stesso modo soffro o gioisco
mi angustia la notte e guardo l’ora
mi rallegrano tutti i suoi ritorni

Bartolomeo Smaldone
All rights reserved 2010

venerdì 16 aprile 2010

Espresso nuit


È stato quando hai sistemato l’ultimo bagaglio,
è stato quello il momento in cui ho compreso
che non sarei mai stata tua
Poi quell’uomo
Come ti è venuto in mente di fargli una simile raccomandazione?
Dovevi saperlo
che gli scompartimenti, di notte, nascondono insidie
Erano così tante le cose da dire
me le ero lasciate tutte alle spalle
per ritrovarle in quel vagone senza luce
- Gliel’affido-
Non dovevi riporre la tua fiducia in uno sconosciuto
uno del quale ignoravamo il passato e il fascino
Non dovevi riporla in me
che ti ero stata fedele senza amarti
Pregavo che quel treno non terminasse la sua corsa
pregavo di non sentirlo mai il nome della mia stazione
Anche solo dieci fermate sarebbero state sufficienti
perché in quel posto c’ero sempre stata
in quelle ore avevo avuto più della mia vita
e quell’uomo era sempre stato il mio
Avevamo solo scelto partenze diverse
Ora che posso scriverti in serenità
è giusto che tu sappia di quella notte
di quel treno dove mi ritrovai
Che scesi sì, ma sarei rimasta fino all’arrivo
e, giuro, avrei dimenticato ogni cosa di te
e di Torino, di Mirafiori
ogni cosa, fuorché i miei figli
Ti sembrò strana, qualche tempo dopo
la mia risoluta partenza
Volevo dirtelo dove trovai il coraggio
così anche tu potrai scordarti di me

Bartolomeo Smaldone
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mercoledì 14 aprile 2010

Caffè letteraio - Giovedì 22 aprile 2010, ore 21.00 -


Caffè letterario presso la Villa Pallavicini, in Via Meucci 3 a Milano

giovedì 8 aprile 2010

Il guardiano del buio


Ci stavo dentro quell’involucro di parole
senza nessuna legittima provenienza
chiuso in un senso che era oltre ogni forma
Solo ci stavo, nella solitudine che mi riconosco
quella che mi fa diverso in mezzo agli altri
Mi incontravi non per avere risposte
e le domande le avevi perse tutte
Mi incontravi per stare con me in quel silenzio
ostaggio di voci sovrapposte
Non sentivo il tuo disagio di essere interprete
di quell’involucro di tonfi chiasmi
di quel linguaggio che mi somigliava
nell’istante in cui si faceva me oltre il linguaggio stesso
Mi incontravi per stare dentro quel buco
che nessuno, eccetto noi, udiva
Potevamo parlarci perché eravamo sostanza
centro di tutte le comprensioni
Eravamo belli nel nostro silenzio
di una bellezza che suscitava invidia
per la sua inspiegabile perfezione
Se soffrivi, io sapevo
perché soffrivi senza dire
e l’involucro di quelle parole ero io
io il custode, il guardiano del buio

Bartolomeo Smaldone
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venerdì 2 aprile 2010

Mare di cellulosa


Indiscutibile il suo modo personale
di aprire e chiudere le vocali
e il buon risveglio rendeva indiscutibile il mattino
Se le parlava lo faceva solo come una congiunzione
ma ad ascoltarla sembrava verosimile ogni sogno
In via Verbania, al quattro, un tempo attraccavano le barche
il mare arrivava da lontano ed era un mare di cellulosa
ci potevi scrivere sopra o passare il giorno ad asciugare
o ad aspettare Tantalo imbrigliato al suo albero di mele
Era tutta una questione letteraria
si trascrivevano menzogne e confessioni
perché ne restasse traccia dopo ogni sparizione
Si lasciavano indizi di profumi
fogli sparsi in bagno e vestiti smessi
e tutti conducevano allo stesso specchio
Aveva avuto in sé un’immagine
piena di colori come un bicchiere pieno
come un’arnia prima della sciamatura
Chi era passato in via Verbania, al quattro
ricordava ancora il mare di cellulosa
e l’ombra di lei sulle parole nere
la lentezza del distacco, il dolore della sera
l’inchiostro di quei giorni
Chi era passato in via Verbania, al quattro
vedendo la luce della sua finestra
l’aveva creduta in attesa del suo scrittore
e non aveva mai smesso di desiderarla


Bartolomeo Smaldone
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