Meridionale

Meridionale
Reading durante il concerto di Fabrizio Emigli alla Domus Talenti, Roma, 10 marzo 2011

venerdì 29 gennaio 2010

Al 19



Io sto con Giuseppe
come partigiano a difesa di una retroguardia
dei suoi cinquantaquattro anni
dei pochi denti che gli ho visto in bocca
quando mi ha sorriso con tutta la faccia
versandomi da bere prima della fame
È stato allora che l'ho sentito
il portone chiudersi alle sue spalle
Santa Maria dell'Anima, Sant'Isidoro
piccole spalle da adolescente
strette nel gelo dei refettori
Perché il vento si prende le gambe
e ci vuole vino per mandarlo via
per scacciarlo lontano dagli occhi umidi
Il dente è sensibile, il cuore spinge
la porta è aperta
non dirmi cose che non potrei dimenticare
- è bene che i figli restino a casa-
Perderò la mia natura verticale
sprofonderò nel vuoto di questa sedia
nelle specchio di questi bicchieri che parlano
Sprofonderò come un trucco svelato
come un partigiano alla resa dei conti

(A Giuseppe)

Bartolomeo Smaldone
Copyright 2010
All rights reserved

27


In preda a cosa smetterai di desiderare la vita?
Quella scarna, filiforme, lucida di pulito appena passato
distribuita in egual misura per caso fortuito
o atto di donazione o costrizione
e solo con addebito alla sorte distinta in alto e basso
comando ed esecuzione
In preda a cosa smetterai di dipingere, suonare
scrivere e saltare
leggere, commentare
contemplare il meticoloso lavorio della formica?

Bartolomeo Smaldone
(Copyright 2010)
all rights reserved

martedì 26 gennaio 2010

Piccioni viaggiatori


Sappiatelo: alcuni libri, oggi, vengono ancora spediti con i piccioni viaggiatori.
Portate pazienza: sarà anche quella una sorta di poesia?

domenica 24 gennaio 2010

LE COSE


Le cose accadono, macchiano
stanno in testa e in pancia
si mettono tra il pari e il dispari
a portare buona e cattiva novella
Le cose onorano e tolgono onore
ai margini della comprensione
e della morale comune
Rispondono – sia fatta la tua volontà –
le cose hanno il senso della liturgia
della periferia della città
Creano disagio e attesa
ci fanno dimentichi del corpo
dei lacci e dell’annuire
Le vene, tutte, lo sanno
le cose vanno dov’è il sangue
e dove il sangue si prende


Bartolomeo Smaldone Copyright 2010
(all rights reserved)

martedì 19 gennaio 2010

GENTE- Recensione del poeta Oronzo LIUZZI-

Il poeta non è un individuo isolato e chiuso nel suo guscio. Emerge dal proprio io per ricongiungersi con gli altri. Ama tutto ciò che lo circonda. Responsabile e riflessivo Bartolomeo Smaldone crede nel suo operare tramite la scrittura. L’esterno. L’interno. L’intimo. Il corpo. I suoni. Gli echi. Il presente. I ricordi. Comprende. Prende. Dona ed entra lentamente nella vita quotidiana per capire movimenti pensieri immagini e sogni e speranze e drammi e maschere. Il suo occhio si rivolge anche ai soggetti che hanno perso la propria identità: “La voragine folle dell’uomo che non si riconosce in se stesso”.
Gente. Nei versi. Gente. Ascolta. Gente. Subisce. Gente. Umana. Perfetta. Imperfetta. Anonima. Gente. Tutti noi. Gente…”il nulla”.
La sua missione è quella di coniare, mediante la scrittura, sia la debolezza che la forza sua e di coloro che si impegnano giornalmente per ritrovare e realizzare “Un’altra vita”.
Smaldone non viaggia in orizzontale, ma percorre sentieri che conducono al verticale.
Scopro: “ ci sono dolori che non si comprendono/ ed altri che si subiscono senza appello”…e scopro: “Perché si compissero le parole/mostrai indulgenza ai miei sogni”…e scopro: “il vero canto ti segnerà per sempre le corde”…e scopro: “Sognavo di percorrere il mondo con i miei piedi”…e scopro: “ognuno di noi faccia un passo in alternanza /così da apparire una sagoma sola”….e scopro: “Sento di te tutta la purezza/mentre affondo di spalle nell’impossibile redenzione”….e scopro ancora: “E se la mia scrittura non avrà senso alcuno/allora saranno i tuoi occhi la vera arte”.
Scorre il pensiero. Attraversa la soglia del domani. Stabile e deciso si specchia e si rispecchia nei sentimenti degli altri. Gente. Leviga di continuo la passione per sentirsi uomo. “So di dover andare e so dove cercare ciò che mi serve”.
Il muro non è chiuso. Il verso è genuino e vero e solido. Libera la sua personalità per svelarci l’enigma della storia, del proprio tempo e del suo io. “Non ti chiedo di indicarmi la rotta, né di essere il sentiero sotto i miei piedi. Vorrei soltanto che entrambi ci sentissimo liberi di credere nel domani”. Ci rivela la prospettiva e il trionfo della speranza.

Oronzo Liuzzi

MICHELA


Michela era la prima
anche nei quadri sapeva stare al centro
e i colori le donavano tutti
obbedienti al garbo di ogni sua postura
Partiva senza avviso
e sapeva quando tornare
Lo aveva imparato dalle ore
e dai canti degli uccelli da ringhiera
Abbiamo tutti scritto di lei
Michela amava le parole
e le vedeva ovunque
prima e dopo l’amore
e nei suoi salti immaginari tra due mari

Bartolomeo Smaldone Copyright 2010
All rights reserved
E' che dopo un po' io mi stanco di tutto, quasi di tutto. Della scrittura no. La scrittura è la mia camera iperbarica, il mio antidoto allo smog cerebrale. Non è la mia casa: è il mio personale modo di dire ti amo al mondo intero.

Bartolomeo Smaldone

domenica 17 gennaio 2010

TENERO BACIO


Tenero bacio, di sale fino
le candele stanno ad aspettarti
una per una a illuminare
la pentecoste delle due labbra
Cade il sicario e cade il mandante
sulla via dei risorti rimane la vittima
soleggia al vento nel campo di mais
la piccola spada coperta di limaccio
Arriva umido il tuo amore
sulla punta della lingua mi arriva il sudore
la benedizione delle tue mani
l’alito, il petto, il respiro che dai
Non farmi del male, non farmene mai
del tempo di prima non ho più le impronte
né amici intorno per ricordare
o ritagli di giornali da leggere
Ho te e mi basta
un sorso al giorno per la vita intera
o per metà del tempo felice
tenero bacio, seme di cacao


Bartolomeo Smaldone (Copyright 2010) All rights reserved

Nella foto: Maria Teresa Fabbri (all rights reserved)

sabato 16 gennaio 2010

venerdì 15 gennaio 2010

INTERVISTA PUBBLICATA SUL SETTIMANALE "IL RESTO" 9 gennaio 2010

TU NON SAPRAI MAI


Tu non saprai mai
nell’infinita buona fede che ti distingue
quanto c’era di vero
e quanto abbiamo sognato
Ora anche, mentre ti scrivo
le mie parole non le ricordo
perché non suonavano di nulla
non avevano nemmeno la forza di un addio
Ma mi chiamavi a dirti ti amo
di notte
al riparo da qualsiasi aggressione
nel mio io infinitamente sordido
nella tua grazia di vestale domestica
E rispondevo come un imperativo d’azione
tenendomi il labbro con un morso
di colpo fuori dalla scena
in un silenzio d’attesa che tu sola potevi comprendere
Nemmeno rubandoti il sonno
io riuscivo a sentirmi ladro
sarà forse perché c’è un senso della libertà
che ognuno di noi insegue per sempre
o perché al di là delle nostre azioni
quello che conta è andarsene
Mi ripeto con assoluta convinzione nella mia fede
che non esistiamo nel vivere ma nel divenire
e mi spingo con la cecità di chi crede di vedere
verso il cerchio più piccolo
dimenticando il resto, te compresa
Non volermene per questo


Bartolomeo Smaldone (Copyright 2010)

lunedì 11 gennaio 2010

Ciao Fabrizio


Ti piango, senza rassegnazione
nell'umanità di un sole buio
Dove la prendevi la voce Fabrizio?
Lo so che non ti rivedrò in nessun campo di risorti
che siamo noi e basta
nessun sepolcro custodito da arcangeli
Dove le trovavi le parole Fabrizio?
Che miseria non averli i tuoi occhi
almeno per una volta
Ti piango, senza consolazione
nell'umanità del tuo addio


Bartolomeo Smaldone

sabato 9 gennaio 2010

Grazie a tutta la redazione de "IL RESTO"


Il settimanale "Il Resto", nel numero da oggi in edicola, ha dedicato un ampio spazio ad una mia intervista a cura della redattrice Angela Colonna. A lei e a tutta la redazione dico grazie per l'attenzione e la considerazione riservatemi.

giovedì 7 gennaio 2010

L'ACCOGLIENZA


In un piccolo paese della Basilicata, uno di quelli in cui buona parte della gente passa buona parte del proprio prezioso tempo a lamentare la carenza di iniziative,uno scrittore, forse bravo, ma sfigato, decide di organizzare la presentazione del suo libro. Lo fa per una ragione affettiva (sua nonna era originaria di lì), per un eccesso di romanticismo, per necessità , per virtù. Lo fa perché lo deve fare.
Lo scrittore è ospite di quel paesino e a lui hanno insegnato (la nonna, la mamma, gli zii: tutti figli di quella terra) che l'ospitalità è un cosa seria; che non si può scendere a compromessi quando si ospita; che non si possono fare sconti, perché l'ospitalità è un affare totale.
C'è il Comune di mezzo a questa storia, con il suo bel sindaco, la sua bella biblioteca con la sua bella presidentessa che ci tiene a farsi chiamare presidentessa. E quindi l'ospitalità è una questione istituzionale, un atto dovuto.
Lo scrittore (che non dimentichiamolo mai è uno sfigato) crede di stare dando il suo modesto contributo alla creazione di un evento che possa scuotere un po' il torpore in cui versa la bella comunità lucana. Non vorrebbe gratitudine per questo. Lo scrittore vorrebbe essere ospitato, perché glielo hanno insegnato la nonna, la mamma, gli zii.
Lo scrittore non sa ancora che ci sono posti in cui i sindaci, le presidentesse, i segretari e i giannizzeri, anche quando ospitano vogliono essere ospitati. Non lo sa, ma lo immagina. Ciò nonostante, lo scrittore deve andare avanti, deve presentare il suo libro. Lo ha promesso alla nonna, anche se la nonna non c'è più e, forse, non saprà mai di quella promessa e di quella presentazione.
Il giorno stabilito le cose vanno come dovevano andare. Ognuno fa la sua parte. Anche il sindaco fa la parte del sindaco, perché siede al tavolo dei relatori senza aver letto il libro; per questo si limita ai saluti da protocollo e ai convenevoli istituzionali. Le solite manfrine del cavolo.
La presidentessa legge il suo bel discorso e lo fa con la classe che non ha, perché quella è una serata speciale e anche il vestito è quello buono, appena ritirato dalla tintoria. La sua voce, in alcuni passaggi, non riesce a dissimulare una certa emozione. Si incrina, si avvoltola.
Sembra proprio una bella serata. La gente non è tanta. La maggior parte è rimasta a casa a lamentarsi di quello che non si fa. Costa meno fatica lamentarsi, meno impegno.
I presenti, però, partecipano con sentimento e mostrano tutta la loro gratitudine allo scrittore. Lo fanno sentire a casa; perché i presenti sanno che cos'è l'ospitalità.
Lo scrittore ricambia con lo stesso trasporto, firmando autografi e ingegnando dediche personalizzate.
Ma quando è troppo è troppo e, presentazione del libro o meno, arrivano sempre i momenti topici del mangiare, bere e ruttare.
In quei momenti uno scrittore non può far mancare il proprio sostegno all'economia di una collettività che tanto benevolmente lo ha accolto, tenendolo addirittura a battesimo. Deve pagare e senza tante storie. Non è una questione di ospitalità. Gli tocca. Lo scrittore è sfigato.
E prima di pagare deve regalare una copia del suo libro al sindaco ( che non lo leggerà mai perché non è scritto in politichese), alla presidentessa ( che non lo leggerà mai perché lo smarrirà in un cappotto in tintoria) e a tutti i segretari, ai giannizzeri e ai grandi relatori che forse lo leggeranno perché lo scrittore sarà anche sfigato, ma almeno ha dimostrato di saper essere ospitale in un paese straniero.

martedì 5 gennaio 2010

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