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Siamo un po’ matti.
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È bello essere matti; io sono tutto matto.
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È perché sentiamo il mondo; ieri ero a teatro,
per un concerto jazz; ho tremato dal piacere. Il jazz mi fa emozionare e non
riesco a controllare le reazioni del mio corpo. Accade in maniera spontanea.
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Quando tremi sei ancora più bella. Io non ho mai
visto niente che fosse bello quanto te. Certe
volte penso che dovremmo partire, andarcene lontano. Qualcuno ce l’ha fatta ad
essere felice. Penso che potrebbe succedere anche a noi, sai?
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Sei davvero tutto matto, tu. Un giorno quel
tale, quello che abita poco più giù della piazza del mercato del pesce; quello
che gli è morta la madre dopo averlo messo al mondo, e il padre l’ha fatto
crescere ad una sua sorella che non poteva avere figli. Quel tale un giorno mi
ha detto che dovevo stare in guardia da te, perché sei uno scansafatiche, un
debosciato. Uno che se ne sta tutto il tempo a scrivere, arrampicato sugli
alberi. Ma io non gli ho dato ascolto, e gliel’ho detto che ognuno deve farsi
la propria vita, deve andarsene per la propria strada.
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È così che sei arrivata a me?
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Sì, è così. Prima di parlare con quel tale ero
incerta se avvicinarti o no; ma dopo, dopo che quello mi ha messo sul chi vive,
non ho avuto nessun dubbio, perché nessuno mi deve dire quello che posso o non
posso fare. E non credere che sia un capriccio, il mio. Considerala curiosità.
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E cosa ti incuriosisce così tanto?
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Quello che appunti sul tuo quaderno, quando te
ne stai arrampicato sugli alberi….Sorridi?
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Sorrido.
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E perché?
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Perché per un attimo ho creduto che fossi io ad
interessarti.
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In un certo senso è così.
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Ho iniziato a scrivere una storia. Inizialmente
credevo si trattasse di una storia d’amore, ma dopo ho capito che era la storia
di due persone che non riuscivano a liberarsi di se stesse. Allora ho deciso di
smettere e sono salito sugli alberi, e da lì tutto mi è sembrato diverso. Mi
sono sentito più leggero, come se la parte sbagliata di me fosse rimasta giù, e
anche la mia scrittura ne ha tratto beneficio. Così quella storia, quella delle
due persone che non riuscivano a liberarsi di se stesse, è cambiata. È
diventata la storia di un uomo e di una donna: di lei che attraversa il mercato
del pesce, e si imbatte nel figlio di Marianna la disgraziata, quella che morì
per metterlo al mondo, e il marito, per non morir di fame, lasciò che fosse sua
sorella a sfamare quella creatura. E il figlio di Marianna la disgraziata,
consumato dal male dell’invidia, mette in guardia quella donna dallo strano
tipo che se ne sta sugli alberi, dallo scrittore debosciato. Dice che non le
verrà niente di buono se si ostinerà a volerlo a tutti i costi, perché uno
senza un mestiere non può fare una bella fine. La donna non gli dà ascolto,
gira il capo dall’altra parte. Corre che non ha più fiato. Corre fino
all’albero del suo uomo.
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Dunque sapevi già tutto?
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Te l’ho detto che sono tutto matto.
" (Tratto da "Dialoghi" di Bartolomeo Smaldone)
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