Meridionale

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Reading durante il concerto di Fabrizio Emigli alla Domus Talenti, Roma, 10 marzo 2011

giovedì 7 gennaio 2010

L'ACCOGLIENZA


In un piccolo paese della Basilicata, uno di quelli in cui buona parte della gente passa buona parte del proprio prezioso tempo a lamentare la carenza di iniziative,uno scrittore, forse bravo, ma sfigato, decide di organizzare la presentazione del suo libro. Lo fa per una ragione affettiva (sua nonna era originaria di lì), per un eccesso di romanticismo, per necessità , per virtù. Lo fa perché lo deve fare.
Lo scrittore è ospite di quel paesino e a lui hanno insegnato (la nonna, la mamma, gli zii: tutti figli di quella terra) che l'ospitalità è un cosa seria; che non si può scendere a compromessi quando si ospita; che non si possono fare sconti, perché l'ospitalità è un affare totale.
C'è il Comune di mezzo a questa storia, con il suo bel sindaco, la sua bella biblioteca con la sua bella presidentessa che ci tiene a farsi chiamare presidentessa. E quindi l'ospitalità è una questione istituzionale, un atto dovuto.
Lo scrittore (che non dimentichiamolo mai è uno sfigato) crede di stare dando il suo modesto contributo alla creazione di un evento che possa scuotere un po' il torpore in cui versa la bella comunità lucana. Non vorrebbe gratitudine per questo. Lo scrittore vorrebbe essere ospitato, perché glielo hanno insegnato la nonna, la mamma, gli zii.
Lo scrittore non sa ancora che ci sono posti in cui i sindaci, le presidentesse, i segretari e i giannizzeri, anche quando ospitano vogliono essere ospitati. Non lo sa, ma lo immagina. Ciò nonostante, lo scrittore deve andare avanti, deve presentare il suo libro. Lo ha promesso alla nonna, anche se la nonna non c'è più e, forse, non saprà mai di quella promessa e di quella presentazione.
Il giorno stabilito le cose vanno come dovevano andare. Ognuno fa la sua parte. Anche il sindaco fa la parte del sindaco, perché siede al tavolo dei relatori senza aver letto il libro; per questo si limita ai saluti da protocollo e ai convenevoli istituzionali. Le solite manfrine del cavolo.
La presidentessa legge il suo bel discorso e lo fa con la classe che non ha, perché quella è una serata speciale e anche il vestito è quello buono, appena ritirato dalla tintoria. La sua voce, in alcuni passaggi, non riesce a dissimulare una certa emozione. Si incrina, si avvoltola.
Sembra proprio una bella serata. La gente non è tanta. La maggior parte è rimasta a casa a lamentarsi di quello che non si fa. Costa meno fatica lamentarsi, meno impegno.
I presenti, però, partecipano con sentimento e mostrano tutta la loro gratitudine allo scrittore. Lo fanno sentire a casa; perché i presenti sanno che cos'è l'ospitalità.
Lo scrittore ricambia con lo stesso trasporto, firmando autografi e ingegnando dediche personalizzate.
Ma quando è troppo è troppo e, presentazione del libro o meno, arrivano sempre i momenti topici del mangiare, bere e ruttare.
In quei momenti uno scrittore non può far mancare il proprio sostegno all'economia di una collettività che tanto benevolmente lo ha accolto, tenendolo addirittura a battesimo. Deve pagare e senza tante storie. Non è una questione di ospitalità. Gli tocca. Lo scrittore è sfigato.
E prima di pagare deve regalare una copia del suo libro al sindaco ( che non lo leggerà mai perché non è scritto in politichese), alla presidentessa ( che non lo leggerà mai perché lo smarrirà in un cappotto in tintoria) e a tutti i segretari, ai giannizzeri e ai grandi relatori che forse lo leggeranno perché lo scrittore sarà anche sfigato, ma almeno ha dimostrato di saper essere ospitale in un paese straniero.

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