Meridionale

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Reading durante il concerto di Fabrizio Emigli alla Domus Talenti, Roma, 10 marzo 2011

martedì 29 gennaio 2013

Dialogo 1


-          Siamo un po’ matti.

-          È bello essere matti; io sono tutto matto.

-          È perché sentiamo il mondo; ieri ero a teatro, per un concerto jazz; ho tremato dal piacere. Il jazz mi fa emozionare e non riesco a controllare le reazioni del mio corpo. Accade in maniera spontanea.
-          Quando tremi sei ancora più bella. Io non ho mai visto niente che fosse bello quanto te.  Certe volte penso che dovremmo partire, andarcene lontano. Qualcuno ce l’ha fatta ad essere felice. Penso che potrebbe succedere anche a noi, sai?

-          Sei davvero tutto matto, tu. Un giorno quel tale, quello che abita poco più giù della piazza del mercato del pesce; quello che gli è morta la madre dopo averlo messo al mondo, e il padre l’ha fatto crescere ad una sua sorella che non poteva avere figli. Quel tale un giorno mi ha detto che dovevo stare in guardia da te, perché sei uno scansafatiche, un debosciato. Uno che se ne sta tutto il tempo a scrivere, arrampicato sugli alberi. Ma io non gli ho dato ascolto, e gliel’ho detto che ognuno deve farsi la propria vita, deve andarsene per la propria strada.

-          È così che sei arrivata a me?

-          Sì, è così. Prima di parlare con quel tale ero incerta se avvicinarti o no; ma dopo, dopo che quello mi ha messo sul chi vive, non ho avuto nessun dubbio, perché nessuno mi deve dire quello che posso o non posso fare. E non credere che sia un capriccio, il mio. Considerala curiosità. 

-          E cosa ti incuriosisce così tanto?

-          Quello che appunti sul tuo quaderno, quando te ne stai arrampicato sugli alberi….Sorridi?

-          Sorrido.

-          E perché?

-          Perché per un attimo ho creduto che fossi io ad interessarti.

-          In un certo senso è così.
-          Ho iniziato a scrivere una storia. Inizialmente credevo si trattasse di una storia d’amore, ma dopo ho capito che era la storia di due persone che non riuscivano a liberarsi di se stesse. Allora ho deciso di smettere e sono salito sugli alberi, e da lì tutto mi è sembrato diverso. Mi sono sentito più leggero, come se la parte sbagliata di me fosse rimasta giù, e anche la mia scrittura ne ha tratto beneficio. Così quella storia, quella delle due persone che non riuscivano a liberarsi di se stesse, è cambiata. È diventata la storia di un uomo e di una donna: di lei che attraversa il mercato del pesce, e si imbatte nel figlio di Marianna la disgraziata, quella che morì per metterlo al mondo, e il marito, per non morir di fame, lasciò che fosse sua sorella a sfamare quella creatura. E il figlio di Marianna la disgraziata, consumato dal male dell’invidia, mette in guardia quella donna dallo strano tipo che se ne sta sugli alberi, dallo scrittore debosciato. Dice che non le verrà niente di buono se si ostinerà a volerlo a tutti i costi, perché uno senza un mestiere non può fare una bella fine. La donna non gli dà ascolto, gira il capo dall’altra parte. Corre che non ha più fiato. Corre fino all’albero del suo uomo.

-          Dunque sapevi già tutto?

-          Te l’ho detto che sono tutto matto.

" (Tratto da "Dialoghi" di Bartolomeo Smaldone)




"

mercoledì 23 gennaio 2013

La casa era popolare



La casa era popolare
Nemmeno a tenerle aperte
un giorno intero
le finestre
quel ficcante odore di formica
sembrava dissiparsi del tutto
Ogni volta che arrivava uno nuovo
si accendeva una sigaretta
e intarsiava il piano del tavolo
con le sue iniziali
e con la data e l’ora del suo arrivo
22 gennaio 1972 ore 12.30
Per molti dei presenti
lo sport preferito
era contare le lenticchie
in un barattolo di vetro
I più intraprendenti
esercitavano il loro linguaggio
aprendolo alla meccanica quantistica
mentre gli scettici
si limitavano a prendere atto
del ripetersi di certe perturbazioni
C’era un’idea di futuro
nella testa di ognuno di loro
un piano architettonico vertiginoso
una certa fiducia nelle materie insondabili
e la convinzione di poter  rimediare
in qualche modo
a quell’apparente spreco di tempo

Bartolomeo Smaldone
All righst reserved

martedì 8 gennaio 2013

La noce fresca




Il mio pranzo di quel giorno era una noce fresca
Profumava di erbe selvatiche
Me l'avevi data tu perché mi portasse fortuna
ma mi portò la fame, e l'addentai
Avrei potuto continuare a guardarla
certo
ma l’addentai
Perché mentre io romanticamente pensavo
la persona che mi stava accanto
trangugiava chiassosa
e non tolleravo che il medesimo spazio
fosse occupato da due attività:
una del pensiero, l’altra della bocca
A ripensarci, nel conforto della sazietà
ero in presenza di una metafora amorosa
di un ponticello tra la mente e il corpo
Non trovi prodigioso che tante cose
tutte insieme
possano stare in una sola noce?